Una poesia come atto di resistenza sull'immagine in movimento
Questa mia poesia nasce dopo la visione del film Autoritratto Siriano, un'opera che rimane impressa in mente come una forte esplosione avvenuta a pochi metri di distanza.
Ma, soprattutto, nasce dalla consapevolezza del nostro dolce far nulla in balìa dei conflitti umani, sociali e politici.
Poesia che, seppur amante del cinema, lo disprezza così tanto da paragonarlo alla mercé del porno, alla rivalsa di chi, questo mestiere - lo fa senza nessuna dignità morale.
Il cinema dev'essere libero! Occupiamolo...
Un bambino con un papavero rosso in mano, rimanda a un simbolismo di re-esistenza sull’immagine, sulla visione dell’Oltre cinema.
Il cinema è sangue Il cinema è violenza Il cinema è confine delle nostre vite, l’abisso profondo del sonno e la melodia visiva della visione.
Il cinema è atto di ribellione, è carne appesa per le strade nelle guerre senza fine.
È arma di riscatto dell’immagine perduta e della libertà delle nostre menti.
Il cinema è suono della vita una campana al nostro risveglio, struggente arco che strida sulle corde dei nostri lamenti...
...sulla pietà delle nostre percezioni.
Il cinema è la mia cinepresa un’arma di resistenza che filma atti di verità nella pura apatia illusiva della vita.
Il cinema è rabbia Il cinema è dolore
[Il cinema è pornografia dello sguardo]
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- I due frame sono tratti da Eau Argentée - Autoritratto siriano (2016) di Ossama Mohammed e Wiam Simav Bedirxan.
- La poesia è tratta dal libro Elogio alla solitudine dello sguardo, Nulla Die (2019).
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