Una suite cinematografica di Cinéma Fragile
In questi ultimi due mesi rinchiusi dentro le nostre case, all'interno dei nostri rifugi, abbiamo molte volte riflettuto sul senso di chiusura, di appartenenza, di intimità e di condivisione. Io, personalmente, ho vissuto questi mesi attraverso la quotidianità più assoluta: assorto nell'amore, nella letteratura, nella musica e nel cinema; non tralasciando l'accudimento delle piante, che restano uno degli esempi più belli di purezza casalinga. Questa piccola premessa, per dirvi che vi parlerò di un film che ho visto di recente e che rientra nella mia rubrica di autori confinati al tempo del Covid_19. Filmmakers che - durante la clausura più o meno forzata - si sono mossi ed espressi attraverso il cinema, per raccontare e far vedere il loro sguardo più intimo.
Cinéma Fragile è uno duo di filmmakers di cui già vi ho parlato circa un anno fa per via di una bellissima intervista fatta a loro. Cinéma Fragile, composto da Katia Viscogliosi e Francis Magnenot, hanno letteralmente catturato il mio sguardo con il loro modo di osservare la vita. In questi anni di amicizia e di scambio di piccoli film, ho trovato il loro modo di filmare e di approcciarsi alla telecamera a dir poco amabile e, fors'anche, un po' spirituale. Resurrection plant (2020), è un'opera così fine e delicata da far suscitare al nostro animo un senso di bellezza. Quel tipo di bellezza che oggi arriva solo se colpiti da una sorpresa – come lo è stato per me – dopo la visione del film. Un'opera, questa, che diventa un desideroso atto di rivolta dello spirito. Apparentemente leggera e candida ma profondamente carica di emozioni e rivalsa di bellezza, diventa – citando il titolo – un vero e proprio impianto di resurrezione. Bisogna lasciarla camminare, lasciarla libera di andare a seminare il mondo con tutto ciò che essa rappresenta.
Cercando di dare una sensazione condivisibile delle mie visioni, definirei con un concetto molto bello, il senso visivo che il film mi ha lasciato; mouvement d'avril, per dirla come gli autori. Un movimento d'aprile che, come un ballo, ti prende e ti porta con sé.
Si percepisce, quindi, un sentore di resurrezione, ma non in quel senso di fede religiosa, bensì, come una spiritualità laica che anima lo spirito e si libra in aria per una festa con il tempo della vita.
Poi, la pianta. Una forma di vita che, speranzosa, si erge per colmarci di linfa vitale.
Nel film, questo gesto di crescita, rappresenta l'andamento lento e inesorabile che è divenuto il tempo della nostra società, pressoché puerile e 'anostalgico'. Resurrection plant è un film solare, girato con i mezzi più alla mano che i filmmakers si ritrovano. Ed è proprio questo modo di assecondare la macchina che filma, che noi autori d'oggi, riusciamo a raccontare con indipendenza pura, ciò che ci rappresenta.
Mi piace definire questa sorta di “tecnica” come amatoriale, dove si percepisce il senso di amore in ciò che si fa. 'Amatore' che deriva dal latino e significa 'amator': che ha amore, inclinazione, trasporto verso un determinato oggetto o situazione.
Cinéma Fragile sa amare, ed anche molto bene.
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